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L'INVITO
«Dài, Bruno, non fare lo stupido. Devi venirci.» «Non insistere, per cortesia. Non desidero venire e basta!» «Va bene, sono testardo. Ora lasciami perdere. Ho molto da fare.» «Ti ritelefonerò domani. Nel frattempo riflettici. Sarà una festa coi fiocchi! Da quel che ho sentito ci sarà la possibilità d'incontrare gente interessante.» «A domani, allora» tagliò corto Bruno. Posò il ricevitore. Si grattò la nuca.
Quell'Adriano, quando ci si mette, è davvero un rompiscatole, pensò. Se c'è qualcosa di cui non sento assolutamente il bisogno è proprio la partecipazione ad un ricevimento.
Ai ricevimenti mi ci sono sempre annoiato a morte. Domani non risponderò al telefono.
Oppure uscirò e mi renderò irreperibile. Raccattò dal pavimento il proprio daffare, cioè il settimanale preferito, e sprofondò nella sua comoda poltrona. Ebbe appena disteso le gambe sull'apposito sgabello, quando il telefono squillò di nuovo.
«Niente parolacce!» La voce di Adriano risuonò allegra nel ricevitore prima che Bruno riuscisse a dire "pronto".
«Ancora tu!» sbottò questi, seccato. «Sentimi bene: se hai deciso d'infelicitarmi «Un momento, un momento.» interloquì l'altro. «Se sua grazia mi concede un minuto del suo preziosissimo tempo, ho una notizia esplosiva da dargli. La notizia che, una volta per tutte, taglierà la testa al solito toro.» «Sentiamo.» disse Bruno, rassegnato. Adriano era sì un inguaribile rompiscatole, ma buono e simpatico. «Fa' in modo che sia davvero come dici. Per il tuo bene!» Adriano, infervorato, proferì tutto d'un fiato: «Poco fa ho appreso che domattina arriverà Lorenzo. Sì, hai capito benissimo… Proprio il nostro fidato Lorenzo Gualteri contentezza. «Non lo vedo da. vediamo. ormai è quasi un anno.» «Visto?» esultò la voce al telefono. «Non è un'entusiasmante notizia?» Alcuni istanti di silenzio precedettero la stoccata: «La prima persona con cui è riuscito a prendere contatto è stata Mirella, e le ha comunicato che sarà impegnatissimo tutta la giornata con altri dirigenti della sua compagnia. Anche a pranzo, purtroppo. Lei allora, da persona intelligente, l'ha invitato al ricevimento di cui parlavasi e lui, udite udite, ha accettato.» Adriano tacque gustandosi le sonore e ripetute sbuffate di Bruno.
Poi entrambi, ad una voce, come se si fossero messi daccordo, recitarono, staccando le parole: «Naturalmente - ripartirà - l'indomani - con il primo - aereo - del «Sei un serpente» disse subito dopo Bruno in tono brusco. «Un serpente con le corna» precisò. «Bene, mi arrendo. Passa a prendermi alle nove. Purtroppo sono «Alle otto!» replicò Adriano giulivo. «Abito scuro, mi raccomando. È preferibile lo smoking. Garantirò io con tua moglie. Ah. a proposito, come sta?» «Benissimo, grazie» rispose Bruno con malagrazia. «Ti saluta.» «Ciao! A domani sera. Ah, dimenticavo. Con certezza ci saranno anche Gianpiero, «Cerca di sorridere» implorò Adriano. «Fallo per me. Mi fai sentire in colpa.» «Non è il caso» bofonchiò Bruno. «Sai bene che sono qui soltanto per Lorenzo.» Tirò le falde della propria giacca, si raddrizzò la cravatta e, ravviandosi i capelli con la mano, disse: «Chiudi la macchina e andiamo.» Si dette un colpetto sulla fronte e soggiunse, beffardo: «Oh, scusa. Dimenticavo che è del tutto inutile chiudere a chiave gli sportelli di questa specie d'automobile.» Adriano si adombrò. «Specie d'automobile…» ripeté sibilando. «Una gloriosa "Giulietta spider" osi chiamarla "specie d'automobile"?» Si sistemò anch'egli i capelli, verificò la posizione della propria farfalla ad elastico, essendosi arreso da tempo di fronte alla difficoltà di farsi il nodo da solo, si dette un'ultima spolveratina alle scarpe strofinandosele contro i polpacci ed esclamò, inorridito, incamminandosi al fianco di «Ha conosciuto tempi migliori. In trenta chilometri è stata per dare forfait due volte.» Bruno osservò con sarcasmo: «La tua soddisfazione mi sembra fuori luogo. Ti esprimi come se avessi appena ultimato la Pechino-Parigi.» «Hei! Non credere di sfogare il tuo malumore con me» rintuzzò pacato Adriano. Poi, come colpito da uno scrupolo, con l'intento di tranquillizzare l'amico, disse: «Vedrai che tua moglie non avrà nulla da recriminare. Le spiegherò io come sono andati i fatti.» «Non lo fare, per favore» implorò Bruno giungendo le mani. «Abbi pietà! Potrei trovarmi in tribunale a discutere una causa di separazione, senza neppure essermi capacitato di come sia potuto accadere.» Adriano, con aria offesa, replicò: «Non hai mai apprezzato il mio disinteressato «Istinto di conservazione, mio caro» disse di rimando Bruno e precisò: «Quantunque i miei pensieri fossero ben altri, sarà oggettivamente arduo giustificare questa sortita alla luce della mia ben nota allergia a siffatto tipo d'intrattenimenti.» La villa era già molto affollata. I due amici si mescolarono agli invitati. Adriano si pose in cerca dei padroni di casa e Bruno dell'amico Lorenzo.
«Ciao Bruno. Sei uscito dalla tana, eh?» «Oh, ciao Mirella» rispose lui stringendole un braccio con delicatezza.
«Vi ho visti arrivare» comunicò la ragazza. «Siete entrambi elegantissimi. Direi inappuntabili. Ma dimmi: tu perché non hai indossato la giacca bianca?» Bruno lanciò un'occhiata truce all'amica e borbottò: «Stavo per venire in jeans e Mirella fece una smorfia di sussiego ed esclamò: «Il solito ingrato!» Poi, vedendo che l'amico occhieggiava all'intorno, domandò: «Cerchi Lorenzo?» «Non è ancora arrivato. E comunque non potrai accaparrartelo.» Allo sguardo interrogativo di Bruno, rispose: «Col beneplacito della padrona di casa, ho dovuto invitare tutta la consorteria dei suoi colleghi, dirigenti o che so io, con rispettive signore.» Cogliendo il muto stupore di Bruno, puntualizzò: «Altrimenti sarebbe ripartito senza avere la possibilità d'incontrarci.» Fece spallucce e soggiunse: «Pare abbiano un mucchio di cose importanti da dirsi e poco tempo a disposizione.» Mirella lanciò un'occhiata oltre le spalle di Bruno ed emise un gridolino: «Hei, guarda. Sta arrivando Adriano con Tullio e Giuditta, cioè il commendator Zanobi e signora.» Bruno si voltò per andare incontro ai padroni di casa.
«Questo è il tributarista rampante di cui vi ho parlato» annunciò con aria trionfante Adriano, facendo le formali presentazioni e beccandosi una violenta pestata al piede.
«Il suo amico ci ha parlato anche della sua riluttanza ad accettare l'invito» disse con amabilità la signora Zanobi. «Voglio sperare che ora sia disposto a fare umile ammenda.» Così dicendo prese sottobraccio il furibondo Bruno e, abbandonati marito ed amici, lo pilotò verso la sala attigua ove era stato allestito il buffet.
Bruno si trovò, così, subitaneamente impelagato in una conversazione, stretta parente del monologo, infiorata a dismisura di diminutivi e qua e là inframmezzata da sproporzionate esclamazioni e gridolini di simulata meraviglia. Tutte cose che costituivano uno dei motivi del suo conclamato odio per quelle riunioni.
«Vedrai, vedrai quanta gente importante ti farò conoscere» diceva la madama, dandogli all'improvviso e senza alcun motivo del tu. «Qui ci sono il sindaco e un numero imprecisato di assessori, oltre a grossi imprenditori e i più quotati professionisti. Ciao carino. Soltanto il prefetto, poverino, non ha potuto essere presente. Ma si è scusato, sai. Ha mandato un telegramma carico di complimenti. Ciao, mia cara! Ti presento un nostro nuovo amico. Oh, uno di quelli buoni. Garantito dalla nostra cara Mirellina.
Ciao, caro. Tra un minutino sarò da te. Non ti eclissare, mi raccomando.» Bruno, in cuor suo, stramalediceva Adriano e tutta la sua incerta ed infernale stirpe, mentre, senza preoccuparsi troppo di mascherare la propria impazienza, occhieggiava verso la porta di comunicazione con il salone. Sperava di vedere l'amico Lorenzo o di scorgere, comunque, una qualsiasi, provvidenziale ancora di salvezza.
Fu Mirella che, incrociato per caso il suo sguardo disperato, gli andò in soccorso portandosi a rimorchio un altro malcapitato da offrire in pasto all'inesausta padrona di «Lorenzo è arrivato» gli disse in un orecchio. «Deve trovarsi da quella parte. Vieni.» Lorenzo si accorse della presenza di Bruno e spalancò le braccia per accoglierlo. I due amici si abbracciarono con calore e si guardarono commossi senza parlare.
«Fate tenerezza!» commentò acida Mirella.
«Taci, donna!» la rimbeccò Lorenzo alzando una mano verso di lei, come a volerla «Per caso. voi due?» chiese Mirella, caricando l'interrogativo di maliziosi sottintesi.
Ma scherzava. Anche lei, come tutto il gruppo di amici, conosceva il profondo, fraterno legame che univa da tempo Lorenzo e Bruno nonostante il primo fosse più anziano di circa cinque anni. E sapeva altrettanto bene che ambedue avevano sofferto per il forzoso distacco, dovuto alle esigenze di carriera di Lorenzo.
Questi pose un braccio sulla spalla di Bruno e, guardandolo, indirizzò le proprie parole a Mirella: «Nella tua condizione di femmina non potrai mai capire. Nondimeno voglio gratificarti con una stupenda citazione di La Bruyere. Egli dice: "Nella pura amicizia c'è un piacere che non possono provare quanti sono nati mediocri".» «Servita!» rincarò Bruno ridendo ed esclamò ancora: «Davvero una splendida «Ti trovo bene» disse con affabilità Lorenzo. «Riuscite a divertirvi senza di me?» «A costo di apparirti banalmente ripetitivo» rispose Bruno con calore, «devo confermarti che da quando te ne sei andato non c'è più la medesima atmosfera nelle Negli occhi di Lorenzo balenò un lampo di tristezza. «Tua moglie?» chiese poi con vero interesse. «Non l'ho ancora vista.» «Infatti non c'è. Il caldo fuori stagione di questi ultimi tempi le stava diventando oltremodo intollerabile, date le su.» Bruno ebbe un attimo d'impercettibile esitazione.
«Allora, di comune accordo» riprese con prontezza, «abbiamo pensato che un periodo in collina, dai suoi, le avrebbe giovato.» «Libero di sfarfallare, allora!» scherzò Lorenzo, che non aveva colto il breve istante Bruno sorrise senza commentare. Era certo che Lorenzo aveva pronunciato soltanto una battuta, ma sapeva anche che, come sempre in simili circostanze, ammettere o negare avrebbe, in ogni caso, generato incredulità. Invece, assumendo un'aria sorniona, si strofinò le narici, ammiccò e dette solennemente l'annuncio: «Sto Lorenzo si bloccò. Assunse un'aria tra l'esterrefatto e lo scettico. Poi dette una tale manata sulla schiena di Bruno da farlo tossire. «Magnifico!» esclamò ad alta voce. Poi, mutando tono all'improvviso, sussurrò con fare complice: «Maschio o femmina?» «Non lo sappiamo» rispose Bruno sprizzando gioia dagli occhi. «E non vogliamo «Avete pensato al nome?» chiese ancora Lorenzo con distacco. «Potrei «Non ne dubito» l'assecondò l'amico. «Sono altrettanto certo, però, che la rosa delle tue proposte ha soltanto due petali.» «Cioè?» chiese Lorenzo disorientato.
«Lorenzo e Lorenza» rispose divertito Bruno.
«Non ci avevo pensato» mentì Lorenzo. «Però non sono male. Devi ammetterlo.» Restituendo la poderosa manata al già commosso Lorenzo, Bruno promise: «Riesamineremo la questione a tempo debito.» Questi, assorbito il colpo, brontolò costernato: «Avrei voluto disporre di più tempo da trascorrere con voi.» Sospirò rumorosamente. Si strinse nelle spalle e soggiunse con mestizia: «Sarà per la prossima volta.» «Tra quanti anni?» domandò Bruno con bonario sarcasmo.
Lorenzo lo guardò serio e mormorò: «Non è colpa mia.» «Lo so» ammise Bruno e sentenziò con rassegnazione: «Anche l'età dei giochi «È vero» convenne Lorenzo. Poi, preso l'amico per un braccio, si avviò verso un angolo del grande salone. «Vieni» disse riprendendo il tono gioviale. «Voglio farti conoscere i miei carcerieri e le loro leggiadre signore.» Avvicinò le labbra all'orecchio di Bruno e bisbigliò: «Due sono state abbondantemente restaurate per l'occasione. La terza, una ancor splendida rossa, è davvero interessante.» Gli strinse il braccio e continuò: «Anche lei non è più giovanissima, eppure emana fascino. Un fascino ambiguo, quasi animalesco. Lei lo sa e sembra si diverta a lasciarlo trasparire. Riesce a caricare il proprio sguardo di prorompente femminilità.
«Caspita!» lo bloccò Bruno. «Se ti sei imbattuto in una belva mangiauomini, non devi aver corso molto per sottrarti al pericolo.» o che quando l'ho conosciuta ho avvertito uno strano Bruno si accinse a burlarsi ancora di Lorenzo, ma non ne ebbe il tempo. Indicando Bruno al gruppo dei suoi anziani colleghi ed alle loro ingioiellate mogli, quegli comunicò con pomposa enfasi: «Signori, ho il privilegio di farvi conoscere il mio più caro e insostituibile amico.» Si apprestò quindi a favorire le rituali presentazioni, con relativi Bruno soffocò la risata che gli gorgogliava in gola. Si sentì di colpo imbarazzato e frastornato. Per non dispiacere l'amico cercò di sfoderare tutta la propria compitezza, fino ad analizzare l'opportunità di abbandonarsi al baciamano. Desistette pensando che Lorenzo avrebbe potuto non perdonarglielo. «Piacere» e «incantato» alternò in un mormorio distratto, fino al sesto leggero inchino ed alla sesta stretta di mano. Ma quell'ultimo contatto gli provocò un raggelante brivido lungo la schiena. All'istante sollevò la testa e cercò gli occhi della proprietaria di quella mano. Incontrandoli sentì un maglio piombargli sul cuore, mentre il sangue defluiva repentino verso chissà quali reconditi anfratti. La vista gli si annebbiò. Le gambe persero consistenza.
Lorenzo percepì con immediatezza che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Rapidissimo, ma ostentando noncuranza, fornì all'amico il sostegno delle proprie braccia e con sollecitudine lo indirizzò verso una poltrona.
«Perdonateci» disse rivolto agli astanti. «Forse abbiamo mandato giù un bicchiere di troppo. Inoltre qui il caldo comincia a farsi soffocante.» Io non ho bevuto affatto, pensò, e Bruno avrà trangugiato al massimo due aperitivi. «Possiamo andare tutti all'aperto» propose con voce allegra e stentorea, ingegnandosi a far sì che fossero tutti gli altri ad uscire. Si accoccolò accanto alla poltrona occupata da Bruno e chiese, visibilmente preoccupato: «Cosa t'è successo?» «Nulla» mormorò Bruno. «Un piccolo malore. dovuto al caldo, probabilmente.» «A me non la dai a bere» replicò Lorenzo pacato. «Stavi benissimo, e per quanti aperitivi possa aver bevuto, sono ben poca cosa rispetto alle tue capacità di assimilazione.» Tacque un momento. Sorrise e soggiunse sornione: «Forse seconde Bruno abbozzò un sorriso e domandò con malinconia: «A quando la prossima Nella loro combriccola esisteva un'intera letteratura sulle sbornie terapeutiche.
Sane e lodevoli istituzioni, con cui in passato solevano esorcizzare le tensioni della quotidianità. Ad intervalli responsabilmente poco frequenti e superando di poco i livelli «Amico mio» insistette Lorenzo prendendogli una mano tra le proprie, «qua è accaduto qualcosa. Ad onta del gran caldo, tu sei gelido. Poco fa ho scorto sul tuo volto un subitaneo, preoccupante e, consentimi, sospetto pallore. Come se non bastasse, hai barcollato.» Gli strinse una mano ed incalzò: «Cosa c'è sotto?» «Adesso sto meglio» disse Bruno in tono incolore, eludendo la domanda. «È preferibile che tu raggiunga i tuoi amici.» «Se pensi di liberarti di me, ora, commetti un grossolano errore» replicò Lorenzo Bruno raddrizzò il busto e con voluta fermezza rammentò all'amico: «Avete una barcata di cose maledettamente serie da discutere.» Fece una breve pausa ed esortò Lorenzo: «Lasciami stare. Mi sento bene. credimi. Ti rimangono poche ore e non puoi «La pianti di dire stupidaggini?» il tono di Lorenzo si fece impaziente.
«Ascoltami» disse Bruno con aria conciliante. «Rintraccia Adriano e mandamelo.» Notando lo sguardo interrogativo dell'amico, precisò: «Sono venuto in macchina con lui.
Rintraccialo, dicevo, così mi faccio accompagnare a casa. Recupera anche altri tre amici, che so. Teo, Gianpiero o chi vuoi tu, affida loro le signore e dedicati ai tuoi affari. Al momento sono la cosa più importante e l'unica ragione per cui ti trovi qui.» «All'inferno gli affari!» sbottò Lorenzo alzandosi. «E finiscila di tergiversare.» Prese per un braccio Bruno, lo aiutò a sollevarsi e lo condusse all'esterno. Notò in lontananza due dei suoi colleghi impegnati in una discussione con altri invitati, ma non vide né il terzo né le signore. Si saranno assuefatte all'ambiente, pensò. Meglio così. Si voltò per gettare un'occhiata all'interno e vide, infatti, una di esse che ballava con uno sconosciuto. Girò di nuovo la testa per tornare a dedicarsi all'amico, quando, nel farlo, colse con la coda dell'occhio una situazione anomala.
Appoggiata ad una colonna c'era l'ultima signora cui Bruno aveva stretto la mano.
Un giovanotto le stava parlando con animazione, ma lei teneva la testa voltata verso l'uscita e, con occhi fiammeggianti, stava dardeggiando lui e Bruno.
Profondamente scosso da quello sguardo e in preda ad un'oscura apprensione, Lorenzo fece appoggiare Bruno al parapetto della terrazza antistante la villa, afferrò al volo un cameriere e, infilatagli con lestezza una banconota nel taschino, lo pregò di sorvegliare l'amico fino al suo ritorno, impedendo a chicchessia di avvicinarglisi. Rientrò nella villa come una furia e, a forza di spintoni, si fece largo finché trovò Adriano.
«Dammi le chiavi della tua macchina» gli intimò tendendo la mano.
«Perché?» balbettò quegli, sconcertato dalla perentorietà della richiesta.
«Perché sì» rispose laconico Lorenzo. Dopo un attimo ci ripensò e ritenne doveroso aggiungere: «Non ho tempo per spiegartelo adesso. Su, forza.» Adriano ammiccò furbesco: «Ti dai da fare, eh?» Si frugò in tasca e porse le chiavi «Grazie» disse Lorenzo incamminandosi. Fatti pochi passi, colto da un'atroce sospetto, si arrestò. Esaminò chiavi e portachiavi e tornò velocemente da Adriano per chiedergli: «È sempre la stessa carriola?» «È sempre la stessa superba e immarcescibile spider» sentenziò Adriano con Lorenzo alzò gli occhi al soffitto e titubò un attimo prima di stringere con forza le chiavi e allontanarsi borbottando: «Speriamo bene. Prima o poi dovrò farmi spiegare la sua insensata predilezione per quel catorcio, a scapito della stupenda "Lancia" che possiede.» Raggiunse in fretta Bruno e, insieme, lasciarono la villa.
In parte a causa della tensione provocata dalle disastrose condizioni in cui si trovava il motore dell'automobile di Adriano ed in parte perché studiava il modo più adatto ad incrinare il riserbo dell'amico, Lorenzo guidò per tutto il tragitto senza proferir parola. Alla bell'e meglio giunsero in prossimità della casa di Bruno.
Fermata la macchina, rimasero entrambi in silenzio per alcuni lunghissimi minuti, finché Lorenzo, accantonato ogni piano di aggiramento, sentendosi sicuro d'aver centrato il problema, attaccò in linea retta: «Devi dirmi cosa rappresenta o, più verosimilmente, cosa ha rappresentato quella donna per te.» Bruno sembrò non aver udito. «Lorenzo, per favore.» mormorò d'un tratto, senza staccare gli occhi dalla punta delle proprie scarpe.
«Per favore, un corno!» protestò lui, spazientito. «Se credi ch'io me ne vada tranquillo, dopo aver assistito a quella scena e sapendo che quella donna è in circolazione, sbagli di grosso.» Rifletté alcuni istanti e riprese: «Ripartirò soltanto dopo aver conosciuto i fatti e, se necessario, aver sollecitato qualche provvedimento.» Bruno lo guardò sgranando gli occhi. «Sei pazzo!» sibilò tra i denti.
«Sì, sono pazzo» confermò serio Lorenzo e incalzò: «Allora?» Bruno rimase a lungo cogitabondo. Si spostò più volte sul sedile. Portò le mani al volto premendosi gli occhi. Alfine si rassegnò. «L'ho conosciuta molti anni fa» esordì a mezza bocca, fissando un punto imprecisato oltre il parabrezza. «Ero giovanissimo.
«Ad occhio e croce dieci anni fa» interruppe Lorenzo.
«Sì, più o meno. Lei doveva essere sui trent'anni. Non le ho mai chiesto l'età, ma dubito li superasse.» Bruno ansimò. «Ho. ho finito col trovarmi impantanato in una situazione al cui solo ricordo sento il sangue rimescolarsi.» Indugiò in una breve pausa, poi disse, imbarazzato: «Scusami, ma. ma ho faticato parecchio a spazzarla dalla mia mente e. dalla mia. dalla mia carne. Ed ora non mi pare sia un bene andare a rimestare in quel passato così lontano.» «Io credo, invece, che ti possa giovare» disse Lorenzo con gravità. «Dopo l'incontro di stasera, anzi, non ti rimane altra via d'uscita.» «Dove l'hai conosciuta?» chiese Lorenzo, trascurando le perplessità dell'amico.
Bruno sorrise con amarezza prima di rispondere: «Ad una festa. Un ricevimento, per certi versi simile a quello.» Fece un gesto vago con la mano. Sorrise di nuovo.
«In questa città?» chiese ancora Lorenzo.
«Sì. Abbiamo ballato. Ci siamo stretti l'uno all'altra. Ci siamo eccitati, credo.
Abbiamo chiacchierato. Siamo usciti sulla terrazza. A dire il vero, cominciai subito a farci qualche pensierino. Poi siamo stati separati dai rispettivi amici e conoscenti.
Soltanto verso l'alba lei mi ha invitato ad una festa che, a suo dire, si sarebbe tenuta «Certo! A quell'età, come sai, impera il detto "ogni lasciata è perduta". Mi presentai, quindi, opportunamente agghindato, un'ora dopo l'ora fissata.» Bruno si passò una mano sulla guancia e si grattò il mento. Rimase assorto qualche istante. «Lei mi accolse inguainata in un abito da sera mozzafiato. Mi apparve bellissima e straordinariamente conturbante. Rimasi perplesso quando constatai che, nonostante il voluto ritardo, ero stato il primo ad arrivare. Lei mi assicurò che di lì a poco sarebbero giunti gli altri invitati e con amabilità mi esortò ad uscire dall'impaccio.» Si grattò di nuovo il mento. Sorrise con mestizia prima di proseguire: «Impiegai un buon quarto d'ora per rendermi conto d'essere l'unico invitato. Ne fui orgoglioso e lusingatissimo.
Vidi profilarsi un'avventura gustosa e stimolante. Di quelle, per intenderci, appetite da tutti i giovanotti normali di questo mondo. In altre parole, vidi schiudersi le porte di un accettabile surrogato di felicità.» Dette una gomitata a Lorenzo ed esclamò: «Quando si «Il resto si può immaginare» osservò Lorenzo.
«Oh, sì. Ma soltanto fino ad un certo punto» precisò Bruno. «Ne sortì una relazione senza nulla d'idilliaco. Una relazione in cui non ci fu più spazio per la galanteria. Per inciso, allora si usava ancora! Ben presto sono stato travolto dal più sconvolgente delirio dei sensi. Mi sono lasciato avviluppare stolidamente da un crogiuolo di sensazioni ed esperienze che, credimi, non sapevo potessero esistere. Intontito, come rassegnato, ho visto la mia volontà erodersi, sfaldarsi in un'irreprimibile ossessione.» Si colpì il palmo di una mano col taglio dell'altra e rimarcò: «Ossessione, bada, non passione. La passione è un'altra cosa. La passione è sana.» Poi tacque e s'incupì.
Lorenzo, sbalordito, fissò l'amico con intensità. Rimasero a lungo in silenzio. Poi, per indurlo a volgersi verso di lui, poggiò una mano sulla spalla di Bruno e disse con forza: «Alfine ne sei uscito indenne. Devi esserne fiero.» «Indenne?» fece eco Bruno dopo un attimo di riflessione e con la voce venata di sarcasmo. Poi confessò: «Quando finalmente, con l'ultima scintilla di raziocinio rimastami, compresi che tutto il mio essere stava per cedere, la cosa perse ogni residua suggestione. La mia vita divenne un continuo, lacerante susseguirsi di proponimenti vani e di pulsioni insopprimibili. I propositi mattutini di liberarmi di quella donna si scontravano puntualmente la sera con la smania di rivederla. Il desiderio di evitare l'ormai prossima fossilizzazione dello spirito, faceva a pugni con la bramosia di possesso.» S'interruppe per un attimo come colto da un dubbio e precisò: «O d'essere posseduto. Mi pare più calzante!» Si premette di nuovo gli occhi con la punta delle dita. Inspirò ed espirò più volte col naso, rumorosamente e continuò: «Diventai irrequieto ed intollerante. Persi ogni facoltà di concentrazione. Gli studi saltarono. I rapporti con i miei genitori si deteriorarono. Mi si rivelarono con drammaticità la mia sostanziale insicurezza emotiva e la mia meschinità. Passai in un baleno dall'età degli ingenui stupori a quella dell'amaro disinganno. Giunsi a pregare Dio di darmi la forza per liberarmi.» Gettò una fuggevole occhiata a Lorenzo, come se volesse controllarne la reazione e spiegò: «Un giorno, mentre vagavo per la città, a capo chino, in preda ai miei conflitti, andai a sbattere in malo modo contro un passante. Sollevando la testa, combattuto tra la voglia di picchiarlo e la necessità di scusarmi, intravidi una porticina aperta. Capii che si trattava dell'ingresso laterale di una chiesa. Dopo mille tentennamenti la varcai e vergognandomi di me stesso e della natura della mia richiesta, pregai. Appena fui fuori da quella chiesa, relegai l'estemporanea e forse originale invocazione tra il ciarpame delle buone intenzioni e ripresi la sconsiderata lotta con me stesso. Mi sentivo invelenito, intriso di lussuria e sempre più incapace di dominare lo smarrimento. Provai l'irrazionale desiderio di vederla incenerita.» Bruno tacque. Meditò alcuni istanti ed esclamò: «Ma il bello doveva ancora venire!» Lorenzo, già sconvolto dall'inaspettato tenore del racconto e dal palese turbamento del suo amico, chiese con vivacità: «Cos'altro diavolo è successo?» Bruno tardò a rispondere. «Una bella sera» disse poi a fatica, «come facevo con puntualità ormai da alcuni mesi, mi recai a casa di Simonetta, così si chiama, e lei non venne ad aprire. Dapprima indispettito e poi via via sempre più inviperito, pigiai più volte, e sempre più a lungo, il pulsante del campanello e cominciai a battere con violenza sulla porta col palmo della mano. Dopo qualche minuto, evidentemente attirata dal fracasso, si affacciò al vano delle scale l'inquilina del piano di sopra. Mi domandò se fossi Bruno e, avutane conferma, mi comunicò che la signora era partita all'improvviso, richiamata al suo paese da un telegramma. Mi riferì che dovevo stare tranquillo e che presto avrei avuto sue notizie. Me ne andai, sempre innervosito, ma in un certo senso rasserenato. Dopo tutto, un po' di respiro era proprio ciò che desideravo. Misi a tacere i miei impulsi per alcuni giorni, finché essi si ridestarono più possenti e incontrollabili che mai. Arrivò una lettera. Con poche, scarne parole, Simonetta, dispiaciutissima, si scusava per l'improvvisa partenza e mi comunicava di non sapere quando e se sarebbe tornata. Il tutto a causa di taluni inderogabili e improcrastinabili, furono esattamente queste le parole adoperate, impegni verso la propria famiglia.» Bruno si grattò la fronte e lanciò un'altra rapida occhiata a Lorenzo. «Puoi immaginare la mia reazione» proseguì. «Anziché esultare per la gioia, detti un'interpretazione distorta alla notizia e mi lasciai trafiggere da una gelosia stupida e illogica. L'irrefrenabile, turbolenta bramosia mi squassò. Le idee s'intorbidarono di nuovo. Avvertii in ogni fibra del mio corpo l'urlo lancinante del desiderio. Dire che mi sentii impazzire non descrive appieno il conflitto emotivo da cui fui sommerso. Mi sforzavo di pensare che da quella donna non avevo tratto il benché minimo stimolo intellettuale. Neppure un commento casuale, che so, ad un film, ad un fatto di cronaca, meno che mai ad un libro. In realtà parlavamo poco. Invece sentivo sul mio corpo, con straordinaria, inimmaginabile vividezza, il suo calore vulcanico, le sue movenze sinuose, le carezze sapienti, i baci stordenti ed arditi. Cose capaci di farmi piombare in uno stato di totale obnubilamento, anche al solo ricordo. Così mi si ottenebrò ancor più la volontà e svanì miseramente ogni intendimento di riscatto. Da irrequieto mi trasformai in collerico; da intollerante diventai aggressivo ed anche volgare.» Bruno ansimò, si dette una manata sulla coscia e declamò, beffandosi di se stesso: «Bel quadro, eh? Davvero un gran bel quadro!» Lorenzo, sempre più trasecolato, commentò dopo qualche secondo di riflessione: «Col tuo permesso, lo definirei un vero inferno.» «Hai usato la parola giusta» approvò Bruno con un sogghigno stanco. «Come ti ho già detto, in un primo momento vidi realizzati i miei sogni più riposti. Dopo alcune esperienze aride, insignificanti, talvolta avvilenti, costellate di sotterfugi, precauzioni e scomodità, avevo finalmente tra le mani una donna nella sua accezione più vera, più completa. Una maestra di erotismo. Mi sentii appagato e mi reputai fortunato. Infatti non capita a tutti, mi dicevo, né tutti i giorni, d'incontrare una donna di questa caratura e d'essere da lei prescelto. Credetti di toccare il paradiso. Ma alla fine, sentendomi avvolto dalle spire di un magma incandescente, ebbi, appunto, la sensazione d'intravedere i riverberi dell'inferno.» Lorenzo considerò a lungo le parole accorate dell'amico prima di affermare: «Ci conosciamo ormai da molti anni, ma non avrei mai sospettato l'esistenza di questa tua esperienza tormentata, che non esito a definire negativa.» Sorrise. Dette un colpetto sulla spalla di Bruno e continuò: «Eppure le avventurette di cui sono a conoscenza, un paio le abbiamo vissute, per così dire, in parallelo, le hai affrontate nella più perfetta normalità.» Si fece serio e mormorò: «Per non parlare del matrimonio.» Sorrise di nuovo. Colpì ancora Bruno sulla spalla. Questa volta con un vero pugno, e dichiarò: «Che tu lo voglia o no, in rapporto all'attuale realtà è fuori dubbio, direi lapalissiano, che Bruno storse la bocca in un sorriso stiracchiato. Rimuginò a lungo prima di confidare: «Impregnato fin nel midollo di fosca sensualità, come mi trovavo, ho lasciato trascorrere parecchio tempo prima di afferrare il vero significato di certi accadimenti.» «Cosa vuoi dire?» domandò Lorenzo incuriosito e ancora una volta disorientato.
Bruno tergiversò. «Non so proprio se sia il caso di parlartene» disse rauco, «A questo punto devi farlo» affermò l'altro con veemenza.
Bruno indugiò ancora. Infine borbottò in tono remissivo: «Dopo non so quanto tempo d'indicibili torture, mentre attraversavo la grande piazza a passo di carica, in quotidiana e affannosa quanto vana ricerca di sollievo, nel roteare all'intorno lo sguardo allucinato, tra i tanti, mi ritrovai a seguire il volo di un colombo fino alla cuspide del campanile. Poi lo persi di vista. Ma i miei occhi restarono inspiegabilmente ancorati a quella torre. Mi fermai. Con esasperata quanto non voluta lentezza, il mio sguardo scese fino ad abbracciare tutta la chiesa, per poi focalizzarsi su una piccola porta laterale. Continuai a fissare quell'apertura, mentre, dal labirinto arroventato della mia mente, riemergeva con stanchezza un ricordo sopito.» Tacque alcuni istanti.
«Rammentai quella lontana preghiera» mormorò poi, «ed a stento, con molta fatica, riuscii a comprendere o, se preferisci, volli comprendere, che l'improvvisa scomparsa di Simonetta poteva essere interpretata come il suo esaudimento.» Dopo un lungo silenzio in cui i due amici stettero, ognuno per proprio conto, con lo sguardo perso nel vuoto, Lorenzo commentò: «Davvero straordinario!» Bruno annuì con leggeri movimenti del capo.
«E si è risolta così?» domandò Lorenzo.
«In verità è stato tutt'altro che semplice» rispose Bruno, pensieroso. «Il raggiungimento di una certa consapevolezza mi ha di certo consentito di analizzare le cose con maggior obiettività. Ma è stata una fatica davvero improba recuperare a bocconi uno straccio di volontà e, con essa, un briciolo di forza per tornare a dedicarmi ai miei sport preferiti ed ai miei interessi. Poi ho ritrovato gli amici e con loro ho riscoperto la voglia di studiare. Il resto lo sai.» S'interruppe un momento e sorrise.
«Sani divertimenti, sesso nella giusta misura e la preziosa amicizia con te. Poi la laurea, il lavoro e infine il matrimonio. In sintesi, una vita meravigliosamente normale e «Fino a stasera» obiettò con prontezza Lorenzo. «O meglio: fino a ieri sera.
Guarda. albeggia.» Sorrise e domandò: «Cos'hai provato veramente nel rivedere Bruno restò un po' assorto, poi rispose: «Non so esattamente come sia accaduto.
Forse perché allora era bruna, suo colore naturale, ma, pur avendola compresa nello sguardo collettivo al gruppo dei tuoi amici, non mi sono accorto della sua presenza finché le nostre mani non si sono toccate. Quel contatto, lungi dal provocare un brutale risveglio di antichi palpiti, mi ha agghiacciato. I miei polpastrelli hanno riconosciuto quella pelle un attimo prima ch'io sollevassi lo sguardo. È inspiegabile, lo so, eppure ho provato un moto di violenta repulsione. Ma non ho avuto il tempo di rimuginarci sopra.
Incontrando i suoi occhi, nonostante il ragguardevole tempo trascorso, mi sono ripiombati addosso tutti quei mesi di patimento esacerbante, d'indicibile agonia.» Bruno indugiò qualche momento prima di aggiungere: «Non giudicarmi farisaico se ti assicuro che non ho pensato neanche per una frazione infinitesimale di secondo al torbido piacere che mi ha dato. L'ho fatto soltanto dietro le tue insistenze. In quel momento, forse a causa dell'instabilità emotiva cui ho accennato, mi sono sentito svuotare.
e… Ora, anche grazie a te, va tutto bene. Siine certo!» Rifletté un momento poi seguitò: «Sono conscio d'essermi trovato, troppo giovane, alle prese con un tipo d'esperienza e d'intossicazione destinato a lasciare cicatrici. Ma ti assicuro che queste sono ben rimarginate.» Lanciò un breve sorriso all'amico e soggiunse: «Non ci Lorenzo si scosse. «Queste macchine scoperte sono accettabili di giorno» disse massaggiandosi le braccia. «La notte favoriscono soltanto l'insorgere di reumatismi. Mi accorgo ora della dannata umidità in cui siamo immersi.» «A che ora parti?» chiese Bruno, cercando di non far apparire il proprio «Non siamo riusciti a brindare neppure una volta» osservò mestamente Bruno.
Lorenzo sorrise con amarezza. «Già. Un vero record!» «Se saliamo un momento possiamo metterci una pezza.» Lorenzo scosse il capo. «Devo affrettarmi. Scusami.» Sorrise. «Lascerò le chiavi di Anche Bruno scese. Lorenzo lo prese per le braccia e disse con tono svagato: «Qualcuno dovrebbe decidersi a far capire a quel testone che per tenere in vita macchine quasi d'epoca come queste è necessaria una meticolosa manutenzione.» Risero entrambi. Poi Bruno annunciò: «Proporrò agli amici di sottrargliela per portarla a sua insaputa in officina e, per dargli uno schiaffo morale, il conto potremmo «Badate a voi» avvertì Lorenzo. «Anziché offendersi, potrebbe porgere l'altra guancia e pretendere di farsi mettere a punto anche la berlina.» Bruno rise e propose: «Se vuoi, ti accompagno.» «Lascia perdere. Sei stanco quanto me. Fatti una bella dormita, tu che puoi!» Bruno protestò con vivacità: «Proprio perché posso, non mi costa nulla ritardare «Preferisco salutarti qui. Dal momento che non ho assolto completamente il mio compito, tornerò prima di quanto potessi prevedere.» «Meglio così, allora» replicò Bruno.
Lorenzo risalì sulla spyder scavalcando lo sportello. A stento avviò il motore.
Guardò Bruno e sorrise. Mentre l'automobile si muoveva a piccoli balzi, disse in fretta, ad alta voce: «A proposito: Il dottor Taleddis, marito di Simonetta, è qui soltanto perché doveva incontrarsi con me e quegli altri due. Vive a Firenze e tra una settimana partirà per la nostra sede di Oslo, sua nuova destinazione.» Strizzò un occhio e aggiunse, beffardo: «Con signora al seguito, è naturale!» Bruno rise e urlò: «Sei un grandissimo figlio di puttana!» «Lo so!» gridò di rimando Lorenzo. «E tu pure. Siamo fratelli di latte!» «Balle!» urlò ancora Bruno. «Tutt'al più di grappa!» Lorenzo proruppe in una risata. Accelerò e salutò con la mano.

Source: http://francoguzzo.eu/scritti/PDF/L'INVITO.pdf

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