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Te la do io la Crisi! (Seconda parte)
• Affrontare la crisi significa “riscattarsi”
In questa seconda parte dell’articolo dedicato alla crisi economica
affronterò l’aspetto più delicato del problema ovvero: come affrontare
questo particolare momento del mercato. Non volendo in nessun modo
passare come chi ha a disposizione la formula del successo né a livello
di marketing né, tantomeno a livello politico è necessaria
un’importante premessa. Partiamo, quindi, dal presupposto che nel
commercio così come nelle organizzazioni sociali non esistono
formule segrete. Chi ha tentato in passato (o tenta ancora oggi) di
propinare formule sociali ideali ha finito per creare stati totalitaristici
che hanno avuto come unico fine quello di sottomettere le coscienze di
molti per creare il vantaggio di pochi. La storia ci ha spiegato questa
cosa più volte e, in molti casi, lo ha fatto in modo drammatico. La
stessa cosa è successa anche in ambito commerciale, e chi ha proposto
strategie di marketing infallibili ha, spesso, creato aziende per nulla
etiche, tendenzialmente concentrate sul brevissimo termine e incapaci
di rispettare le persone intese sia come clienti che come dipendenti.
Lungi da me, quindi, dal voler passare come chi ha la sfera di cristallo,
mi limito a osservare le cose e ad interpretarle leggendo a modo mio
ciò che la storia del passato e la quotidianità ci mostrano in modo
piuttosto evidente. Quando scrivevo la prima parte di questo articolo
accennavo all’utilizzo strumentale e demagogico delle notizie relative
alla crisi da parte dei politici. Mancavano pochi giorni alle elezioni
amministrative e il governo, da settimane, non si pronunciava o
sbilanciava in merito a previsioni sulla durata della crisi economica. Il
giorno 10 maggio, ad elezioni appena concluse, il Ministro per lo
Sviluppo Economico Corrado Passera ha comunicato al paese che la
crisi sarà più lunga del previsto. Se volete leggere
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l’intervento:http://www.repubblica.it/politica/2012/05/10/news/pa
ssera_disagio_sociale-34841430/ oppure utilizzate il vostro
Ora, il problema non è quanto dice il Ministro, ma il perché dice certe
cose il 10 maggio? Dobbiamo imparare a considerare la crisi
economica per quello che è e non per quello che alcuni voglio fare
sembrare che sia. E’ da qui che vorrei partire, da queste riflessioni
ovvero dalla necessità di “leggere” in modo attivo e non passivo ciò
che sta succedendo altrimenti da questa situazione ne usciremo con le
ossa rotte. Se, come abbiamo detto in precedenza, lo stato di crisi è un
momento di decisione, una delle decisioni più importanti che possiamo
prendere riguarda proprio il come modificare il rapporto con
l’informazione perché, è inutile negarlo, condiziona fortemente il
nostro stato d’animo e le nostre capacità di resistenza.
Per affrontare la crisi dobbiamo “riscattarci” nel vero senso della
parola ovvero dobbiamo pagare un prezzo (sia economico che
emotivo) per “riprenderci la nostra libertà” di pensiero e di azione,
diventando osservatori consapevoli e giudici indipendenti.
Come diceva Antonio Gramsci: “Crisi è quel momento in cui il
vecchio muore ed il nuovo stenta a crescere”. Il nuovo cresce con
fatica ed è ostacolato in tutti i modi dallo Status Quo, ma che il nuovo
avanzi è inevitabile. Prima di pensare che si tratta di una lotta
impossibile e che noi non possiamo farci niente proviamo a
convincerci che qualcosa anche solo per noi stessi possiamo
effettivamente fare. I grandi cambiamenti sono sempre figli di piccoli
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cambiamenti, c’è da fare poco: l’importante è farlo e sapere che tocca a
Ecco allora qualche “consiglio” su come lavorare a questo “riscatto”:
o L’amore uccide due volte più della crisi: approfondisci le notizie visto che adesso puoi.
Il 15 aprile 2012 un quotidiano nazionale (di cui non farò il nome) la
cui tiratura è di circa 500 mila copie al giorno, titolava, nella seziona
della cronaca, “la crisi ha suicidato 23 imprenditori in Italia”. Altro
dato, a dir poco drammatico, ripreso sempre a caratteri cubitali, era il
totale dei suicidi avvenuti in Italia nel 2010 con “movente economico”:
187! A prima vista sembra essere sconcertante il dato (mai avremmo
pensato a tanti morti suicidi per la crisi…) ma con un po’ più di
informazione ad essere sconcertante è il modo in cui è stata presentata
la notizia. Se esiste un aspetto che è radicalmente cambiato in questi
ultimi anni è proprio la possibilità di verificare e confrontare le
informazioni. E allora facciamolo indagando seriamente sui “suicidi
della crisi”. La domanda cruciale alla quale trovare una risposta è:
quanti sono i suicidi che avvengono ogni anno in Italia? Con sorpresa
si scopre che ogni anno in Italia sono 4000 le persone che si tolgono la
vita con 60.000 tentativi di suicidio che non riescono, per fortuna.
Fatta una banalissima media stiamo parlando di più di 10 persone al
girono che si tolgono la vita. Nel mondo sono più di un milione
all’anno ed esiste addirittura una giornata mondiale per la prevenzione
del suicidio (che si tiene anche nel nostro paese ovviamente). In questi
convegni è noto che a motivi di tipo economico si possono ricondurre
con certezza solo il 4% dei casi, mentre problemi amorosi determinano
con certezza il 10% dei suicidi. Il resto è un mare magnun di
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problematiche che, spesso, si sovrappongono e nella stragrande parte
dei casi non c’è possibilità di risalire a cause certe. Collegare l’atto del
suicidio alla crisi in modo diretto senza fare queste premesse è, quindi,
un atto non solo di demagogia ma anche di bieco giornalismo
sensazionalistico (vedere anche “Congedarsi dal mondo” edito da Il
Mulino di Maurizio Barzagli). Giusto per dare ancora qualche dato il
rapporto tra i sessi nelle persone suicide dice che ogni donna suicida ci
sono 3 uomini suicidi e che le condizioni economiche e lo status
sociale non sembrano essere discriminanti. In definitiva il suicidio è
democratico, piuttosto maschilista e in piccola percentuale
riconducibile con esattezza a motivi economici. Tra i motivi economici
che hanno determinato i suicidi poi sarebbe curioso risalire a quante
sono le persone che si sono letteralmente rovinate giocando alle slot
machine… gestite dallo stato. E qui scatta un’altra domanda: perché i
giornali non parlano di questo? Risponderemo a questa domanda nel
prossimo paragrafo parlando dei legami tra la crisi e il gioco
d’azzardo. Per il momento arriviamo ad una conclusione in merito a
ciò che possiamo fare ovvero: abbiamo la possibilità di andare a fondo
alle notizie e di essere informati in modo più consapevole. Facciamolo.
Una buona informazione non garantisce la certezza di non sbagliare
ma aiuta molto, soprattutto in questo momento in cui il sistema sociale
è diventato molto più complesso sia da un punto di vista oggettivo che
o La vita non è un gratta e vinci, la gestione di un’azienda ancora meno: aggiornati e osserva chi ottiene successo (con mezzi leciti)
L’uomo ama vincere facile e vincere subito. Questo atteggiamento ha
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amplificato l’attuale crisi economica. Come detto lo spostamento della
produzione dall’occidente all’oriente ha generato riequilibri sociali,
provocando deflussi della forza lavoro da una parte all’altra del pianeta
con conseguenti disagi finanziari quasi ovunque. Molte famiglie si
sono trovate (e si trovano) in difficoltà in termini di solvibilità dei
propri debiti (mutui) generando instabilità del sistema bancario.
L’effetto amplificatore di questi “disagi” è stato determinato da
un’enorme bolla speculativa generata a sua volta dalla tendenza
dell’uomo a vincere facile e vincere subito. E questa bolla non
attendeva altro che esplodere. Il progressivo spostamento da
un’economia reale (quella che produce e costruisce) ad un economia
finanziaria e virtuale (quella che specula sul denaro) ha alimentato a
dismisura la tendenza a generare guadagni “fittizzi” trasformando il
mercato finanziario in un enorme casinò. Spiegando meglio, il mercato
azionario dovrebbe premiare la capacità delle aziende di produrre vera
ricchezza, ovvero un’azione di un’azienda dovrebbe acquisire valore se
l’azienda è gestita bene e genera profitti e perderne se l’azienda non va
bene. Questo succede solo in parte, anzi, alle volte, succede proprio il
contrario. Il mercato finanziario, infatti, è diventato così complesso che
essere esperti di economia per investire in borsa non serve
assolutamente a niente, anzi, potrebbe essere un grosso svantaggio. E’
stato più volte dimostrato che le azioni hanno un andamento casuale.
Non ci credete? Nel 1993 per sei mesi, venne condotto un esperimento
bizzarro negli USA: fu organizzata una competizione tra tre squadre
per verificare chi avrebbe guadagnato di più in borsa. La prima
squadra era formata da professionisti, la seconda era l’indice della
Borsa di New York (ovvero la Borsa nel suo complesso) e la terza
squadra sceglieva i propri titoli da comprare a caso: sparpagliando
fogli con i nomi dei titoli per terra e facendo lanciare delle freccette ad
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una bambina bendata: i titoli colpiti (ovviamente a caso) venivano
comprati. Vinse la squadra delle freccette (guadagno medio del 42%)
seguite dal Dow Jones (8%), ultimi si piazzarono gli esperti di borsa
(con un misero 2,2%). La borsa è un grande casinò, dobbiamo saperlo.
Perché questo ha creato e creerà sempre (a meno che non venga
regolamentata) delle bolle speculative perché attira l’avidità umana.
Nel corso degli ultimi 20 anni con la velocizzazione delle transazioni e
con la ricerca spasmodica a guadagni del tipo “vincere facile” sono
stati creati “prodotti finanziari” che hanno credibilità poco superiori ad
un gratta e vinci visto che permettono di guadagnare quando molte
aziende vanno bene, ma anche quando vanno molto male. L’avidità
colpisce, come è ovvio, chi ha più denaro e per questo ha spinto anche
le banche a “scommettere” e, alle volte, a farlo nella speranza che i
propri clienti non rispettassero gli impegni presi con loro! Questo è
stato il vero effetto amplificatore della crisi attuale e non ha niente a
che vedere con la “normale” dinamica del mercato ma semplicemente
con l’avidità umana. Se vi interessa approfondire questo argomento
potete visionare questo video a questo indirizzo
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=K
Oppure visualizzate con lo smartphone questo QR
Questo lungo preambolo per dire una cosa molto importante, non
cadiamo nella trappola del credere che la vita sia una scommessa del
tipo “vincere facile”. Gratta e vinci e lotterie fanno ancora più danni
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dell’amore, magari non in termini di morti ma anche e soprattutto in
termini di drammi psicologici. Come detto prima però in questo caso
cade il silenzio più assoluto sui drammi causati dal vizio del gioco
d’azzardo gestito dal Monopolio di Stato.
E allora, se la vita e la gestione della nostra azienda non funzionano
come i gratta e vinci dobbiamo prepararci e aggiornarci magari
osservando chi ha saputo affrontare le difficoltà con le proprie forze.
Questo è il periodo in cui fare formazione, confrontarsi con i propri
collaboratori e, soprattutto, confrontarsi con i propri colleghi e di
giocare se lo vogliamo e perché ci piace e non perché lo riteniamo
o La filosofia è meglio del Prozac ma l’attività fisica è ancora meglio della filosofia: 30 minuti al giorno possono bastare se ne fai di più è meglio
Qualche tempo fa ho pubblicato su Facebook una provocazione: “E’ il
mercato ad essere in crisi o sono le persone?” Come ho già ribadito
questo momento non è facile e, anche se potrebbe sembrare che io
voglia sdrammatizzare troppo, in realtà voglio sensibilizzare ancora di
più le nostre coscienze e conoscenze sull’argomento. Qualche anno fa
(1999) Lou Marinoff, filosofo canadese, pubblicava un
interessantissimo libro dal titolo: “Platone è meglio del Prozac” (in
Italia è edito da Piemme) in cui sosteneva che la filosofia è la vera
medicina che può aiutarci a comprendere il mondo molto più delle
statistiche. E questo è assolutamente vero soprattutto se i dati vengono
“manipolati”, come abbiamo visto, e presentati come valore assoluto
(numero di suicidi dovuti a problemi economici) piuttosto che sulla
base di valori relativi (numero di suicidi per motivi economici sul
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totale dei sucidi in un dato periodo). In pratica Marinoff spiega quella
che si definisce “consulenza filosofica” ovvero la comprensione dei
propri problemi attraverso il dialogo e un approccio filosofico
compatibile con un determinato sistema di credenze. La consulenza
filosofica si incentra sul “qui ed ora” e sulle prospettive del futuro,
tutto il contrario (o quasi) della psicologia tradizionale che tende a
scavare nel passato, per andare all’origine del problema e affrontarlo in
modo indiretto ma alla fonte. Si tratta di un approccio innovativo
(sembra che siano necessarie pochissime sedute per avere effetti
positivi e definitivi) ed efficace (almeno per quanto dicono,
ovviamente, i consulenti filosofici in giro per il mondo). Da qui il
titolo della pubblicazione che sostiene che questo approccio sia meglio
del ben più noto antidepressivo. La depressione, una delle patologie
del secolo, è anche spesso associata ad un rischio suicidario
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità i depressi in Italia nel
1998 erano circa 11 milioni e, nel nostro paese si vendono, ogni anno
140 milioni di scatole di antidepressivi (28 milioni di scatole di
medicine tipo il Prozac). Nel 2020 la depressione dovrebbe essere la
seconda malattia più diffusa al mondo, sta scalando la vetta, visto che
nel 1990 era al quarto posto. La depressione genera costi in parte
sostenuti dalla spesa sanitaria e in gran parte (circa i due terzi) dalle
imprese in cui i depressi lavorano. Possiamo concludere che la crisi del
mercato crea disagio alle imprese, ma la crisi delle persone ne genera
Qualche mese fa è stato pubblicato un interessantissimo video su
Youtube che vanta già milioni di visitatori (almeno nella versione
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http://www.youtube.com/watch?v=v_VSdMoqcKk
Questo video ci ribadisce anche con supporto di dati scientifici un
concetto che conosciamo benissimo: la miglior medicina contro la
depressione è l’attività fisica svolta con regolarità. Se non avete visto
questo video, fatelo immediatamente. Se lo avete visto fatelo vedere a
chi conoscete (collaboratori o clienti), in ogni caso fate attività fisica
almeno trenta minuti al giorno è il miglior antidepressivo che esista e
oltre a farvi affrontare la crisi con più determinazione magari vi fa
o Il Marketing efficace e coerente ti distingue, l’immobilismo e l’appiattimento ti estinguono: analizza il tuo mercato e scopri come distinguerti
L’aspetto più straordinario di questo momento di “crisi” è che in molti
ambiti non ci vogliamo rendere conto di quanto le cose siano cambiate.
Tentiamo di spiegare o di farci spiegare con i vecchi metodi (quelli
della demagogia) aspetti che sono completamente nuovi. Non
vogliamo accettare i nuovi paradigmi della comunicazione e i nuovi
equilibri delle organizzazioni. Resistiamo al cambiamento, anche se
oramai abbiamo capito che il cambiamento è ineluttabile. Come detto a
proposito di panettoni natalizi anche subito dopo Pasqua si è fatto un
gran parlare di uova al cioccolato rimaste invendute. Anche in questo
caso è lecito domandarsi chi sia andato a contare le uova vendute e
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quelle invendute, ma sorge spontanea un’altra domanda: non è che
magari alle persone le uova di cioccolato a Pasqua non interessano più
proprio come prodotto? Non potrebbe essere che se in ogni punto
vendita esistono dodici tipi differenti di uova molte rimangono
invendute? E’ possibile che la minor vendita sia legata al fatto che i
maggiori consumatori di questo prodotto sono bimbi e loro di uova
(con la sorpresa) ne consumano tutto l’anno e, quindi, addio sorpresa?
Anche in questo caso penso che si sia strumentalizzata
un’informazione, ma questo non è il danno peggiore. Credo che la
strumentalizzazione di queste informazioni da una parte crei il panico,
dall’altra favorisca, in molti imprenditori, la perdita di obbiettività
nelle strategie commerciali e il progressivo appiattimento delle aziende
e che l’omologazione delle imprese favorisca, a sua volta, la crisi
invece di sconfiggerla. Prendiamo l’esempio del settore alimentare. La
crisi economica sta mettendo a dura prova i distributori di alimenti, ma
non sempre e non solo perché i clienti consumano meno: spesso
consumano diversamente. Da una parte l’aumento dei costi di
distribuzione (trasporto incluso ovviamente) ha determinato l’aumento
dei prezzi finali anche in modo importante, dall’altra alcuni prodotti
sono aumentati per cause ancora diverse. Il prezzo dello zucchero ad
esempio è raddoppiato (in alcuni periodi anche triplicato) in pochi anni
(2008-2010) anche per il fatto di essere usato come combustibile
(l’etanolo è un derivato del saccarosio). Evidentemente tutti i prodotti
che includono zucchero avranno subito rialzi di prezzo. Può essere,
quindi, che le uova di Pasqua, come prodotti siano meno competitive
rispetto ad altri prodotti (pasquali e non) il cui prezzo non è aumentato.
Può essere che nel carrello della spesa, in momenti di ristrettezze (vere
o presunte) si prediligano cibi più genuini e spese più consapevoli ?
Da questo punto di vista, allora, gli effetti della crisi sarebbero solo
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positivi… Ma torniamo alla grande distribuzione e al modello di
mercati, supermercati e ipermercati (stiamo aspettando con ansia i giga
e i tera-mercati). Può essere che questo modello distributivo non
piaccia più? Può essere che la massificazione della distribuzione
determini una spersonalizzare dell’atto di acquisto e, quindi, renda più
desiderabile un acquisto maggiormente personalizzato o più ricercato?
Pensando alla distribuzione alimentare un caso emblematico da questo
punto di vista è la catena Eataly che ha avuto il coraggio di “inventare”
la distribuzione di massa di prodotti di qualità, rivedendo anche il
processo di acquisto (e di consumo) dei prodotti all’interno del
supermercato. Una contrazione della vendita dei supermercati non può
certo spiegare la crisi economica, ma potrebbe benissimo essere il
segnale che il supermercato come canale distributivo non è più così
efficace come un tempo. Stessa cosa dicasi per altri prodotti o servizi
che sono stati “attaccati” non dalla crisi ma dal progresso tecnologico
(se progresso si può sempre definire). Prendiamo l’esempio delle
agenzie di viaggio. Non so se avete fatto caso ma molte hanno chiuso,
e molte sono in procinto di farlo: nel 2010 la Confcommercio stimava
fossero oltre tremila quelle a rischio. La colpa è della crisi e del fatto
che la gente non va più in vacanza o del perché è cambiato lo scenario
e la tecnologia ha portato una concorrenza forte ad un canale
distributivo? Le agenzie, ovviamente, non chiuderanno tutte come
paventava Obama qualche tempo fa, ma di certo, sopravviveranno
quelle che avranno saputo coltivare la propria clientela e studiare nuovi
modi per dare un vero valore aggiunto ai propri clienti, magari anche
sfruttando il canale web. Stesso discorso riguarda l’editoria. Il settore
registra cali di vendite sostenuti, ma anche perché non si è ancora
capito che una fetta di mercato è diventata digitale. A noi potrà per
sempre essere preferibile comprare e leggere libri di carta ma non
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possiamo far finta di credere che i libri elettronici non si diffonderanno
mai. E’ come se facendo un salto indietro di 30 anni e ci arroccassimo
dietro l’idea che la stragrande maggioranza delle persone continuerà ad
ascoltare i dischi in vinile seduto sul divano piuttosto che avere con se
, mentre passeggia nel parco, l’intera discografia mondiale.
Se vogliamo riscattare le nostre aziende, in questo momento, dobbiamo
avere il coraggio di fare del Marketing e della coerenza nelle scelte di
marketing una vera e propria missione. L’obiettivo deve essere quello
di distinguersi in un mondo che è cambiato radicalmente. Dobbiamo,
in questo momento, provare a cambiare radicalmente la variabile più
difficile: il prodotto (o l’organizzazione del servizio) e il modo di
distribuirlo. Provare a resistere a questo cambiamento potrebbe essere
uno sforzo inutile. Come recita un proverbio cinese: “Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento.”
Potremmo aggiungere che è anche possibile costruire un aquilone e
o La crisi si mette in crisi con l’ottimismo e la speranza
In conclusione possiamo dire che in questo momento la vera differenza
la fa la nostra capacità di reagire e di affrontare le difficoltà con
speranza e ottimismo. Questi due atteggiamenti sono alternativamente
utilizzati come sinonimi o come contrari quando si da alla speranza
un’accezione negativa (falsa speranza). In realtà la speranza è il
credere di avere a disposizione la volontà e le capacitaà necessarie per
affrontare una sfida o raggiungere un obiettivo. L'ottimismo è una
componente della speranza e un amplificatore della stessa, perché
significa avere aspettative positive rispetto ad eventi futuri nonostante
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possibili difficoltà che si possono verificare. L'ottimismo o il
pessimismo in una persona possono essere valutati quando questa
analizza una sconfitta o un fallimento. L'ottimista cerca dettagli che
non hanno funzionato e che hanno determinato l'errore, studia come
cambiare per non fallire più (o fallire diversamente), chiede aiuto ad
altri, cerca alternative. Il pessimista si convince che non potrà mai
modificare il corso delle cose o le sue abilità, rassegna dosi a futuri
fallimenti. Ottimismo e pessimismo, quindi, sono rispettivamente, la
"benzina" e il “freno” della speranza. Non possiamo immaginare una
vita solo orientata all’ottimismo e, anzi, sappiamo bene che, alle volte,
abbiamo bisogno anche dei freni. La realtà dice che pessimismo e
ottimismo si alternano in ognuno di noi e che una maggior propensione
all'ottimismo ci permette di credere di più in noi stessi alimentando la
nostra speranza. Forse ci dobbiamo convincere una volta di più che
possiamo prevedere il futuro in un solo modo: inventandolo oggi o,
ancor meglio, evitando di pensarci. Dovremmo “semplicemente”
cercare di amare ciò che facciamo per ottenere il meglio possibile dai
nostri sforzi. Come afferma Daniel Golema: “un bravo pittore deve
desiderare una cosa sola: dipingere”. Se ci affanniamo troppo a pensare
alle conseguenze di ciò che facciamo tenderemo a soffocare la nostra
creatività e a sentire più fatica quando lavoriamo. Se il nostro compito
è curare le persone, innanzitutto, dobbiamo amare le persone con cui
lavoriamo e le persone per cui lavoriamo (i nostri clienti, interni o
esterni che siano). Il resto verrà da sé.
Chiuderei a questo proposito con una pensiero di Einstein che in un
libro pubblicato postumo ha affrontato il tema della crisi (sembra che
questi pensieri siano degli anni ’30): “Non pretendiamo che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. Chi supera la
2012 Roberto Tiby - Tutti i diritti riservati. [email protected]crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e disagi, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni". La vera crisi è l'incompetenza. Il più grande inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una Senza crisi non c'è merito. E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. . tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro!! Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla."
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PERBANDINGAN PENGUJIAN KADAR ALBENDAZOL DENGAN METODE SPEKTROFOTOMETRI DAN TITRASI BEBAS AIR AMBARWATI, MARIA F. PALUPI, U. PATRIANA, DAN E. RUSMIATI Balai Besar Pengujian Mutu dan Sertifikasi Obat Hewan, Gunungsindur- Bogor 16340 Telah dilakukan studi perbandingan antara metode spektrofotometri dan metode titrasi bebas air pada pengujian mutu obat hewan yang mengandung albendazol. Me
F R Æ Ð I G R E I N A R R A N N S ó K N I R Björg Þuríður Inngangur : Hálsbólgur skal meðhöndla með Niðurstöður : Algengi S. pyogenes reyndist vera sýklalyfjum ef S. pyogenes (hemólýtískir streptó-22%. Beratíðnin í 1.-6. bekk var 28% en 11% í Magnúsdóttir1 kokkar af flokki A) er talin orsök þeirra. Mikilvægt 7.-10. bekk. Hæst var tíðnin í 1. bek